Pordenone, violenza sessuale ai danni di un’infermiera: giovane condannato a 4 anni e 6 mesi
PORDENONE. Lo scorso giugno, alle 22.52 in una laterale di viale Venezia, strappò i vestiti e aggredì un’infermiera, dopo averla seguita a piedi dall’ospedale di Pordenone, costringendola a subire atti sessuali.
Il tribunale collegiale, presieduto dal giudice Alberto Rossi, lo ha condannato, in abbreviato, a quattro anni e sei mesi di reclusione per violenza sessuale aggravata, con espulsione a fine pena.
L’imputato, Hussain Azeem, 22 anni, pakistano, già ospitato al centro di accoglienza in Comina, è in custodia cautelare in carcere a Gorizia da allora. La squadra volante era riuscita a rintracciarlo poco dopo in via Brentella, a Porcia.
A mobilitare i soccorsi era stata proprio l’infermiera, dopo essere riuscita a divincolarsi dall’aggressore, che si era allontanato. Sul posto era arrivata un’ambulanza. La donna era stata medicata in ospedale: le lesioni erano state giudicate guaribili in 15 giorni.
L’uomo l’aveva aggredita alle spalle con violenza e minaccia. Le era saltato addosso, gettandola sull’asfalto. La donna aveva cominciato a gridare per chiedere aiuto, ma lui le aveva tappato la bocca con una mano, per zittirla, cominciando ad allungare le mani dappertutto, anche nelle parti intime e sotto la maglia.
La vittima era riuscita ad alzarsi e a sottrarsi alla sua presa, ma a quel punto lui le aveva stretto il braccio intorno al collo. L’indagato, arrestato in flagranza, è stato riconosciuto dalla vittima, che non si è costituita parte civile. Le prove raccolte erano schiaccianti.
È stato trovato pure il dna dell’uomo sulla maglia della vittima. Tanto che il pm aveva chiesto il giudizio immediato. Con una modifica del capo di imputazione, è stato scelto il rito abbreviato, che consente lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna.
La difesa dell’avvocato Paolo Visentin, del foro di Gorizia, si è concentrata sulla volontà di collaborazione e il pentimento dimostrati dall’imputato, che ha ammesso gli addebiti.
Di fronte ai giudici l’imputato si è scusato per il suo comportamento. «Anche io ho una madre e una sorella», ha aggiunto.