Mahdi tornerà in Germania: «Sono distrutto e rassegnato»
«Scusatemi ma al momento non ho voglia di parlare. Vorrei essere lasciato solo perchè moralmente sono a terra». È a dir poco triste Mohammad Madhi Ahmadi, l’operatore socio sanitario di origini afghane di 31 anni che lavorava da tre nella casa di riposo di Alpago. Da qualche giorno ha dovuto dimettersi da questo impiego che amava molto perchè, nonostante la mobilitazione dell’intero territorio e anche del sindacato, alla fine la sua richiesta di asilo in Italia è stata rigettata e la Convenzione di Dublino impone che sia la Germania, la prima nazione europea dove è approdato scappando dal suo Paese, ad occuparsene. Nei giorni scorsi, infatti, ha firmato in Questura il suo rientro in Germania, dopo la scadenza del permesso di soggiorno.
Mahdi, come è conosciuto ormai in Alpago, il 4 giugno sarà portato a Venezia e da qui in aereo arriverà in Germania dove finirà direttamente in un centro di accoglienza, come fosse appena arrivato in Europa, dove dovrà attendere le decisioni delle autorità tedesche. Nel frattempo però, per non lasciarsi avvolgere dallo sconforto vorrebbe poter fare qualcosa per distrarsi. «Mahdi è scoraggiato, ha smesso di lottare e ora teme anche di essere rimpatriato», precisa la vicesindaca di Alpago, Marina Zoppè che ha preso a cuore la vicenda di questo uomo, insieme a tutto il paese. «Da sei anni Mahdi vive qui, dove ha ottenuto il diploma di terza media e anche quello di operatore socio sanitario. Lui è un bellissimo esempio di integrazione di come uno straniero in poco tempo si faccia amare e apprezzare da un intero territorio, ma purtroppo la legge non tiene conto di questo tanto che viene rispedito in Germania. Eppure lì ha anche un fratello, ma non può raggiungerlo. Non sa nemmeno se potrà portarsi una valigia con le sue cose. Siamo di fronte ad una legge assurda, che pare non tenere in considerazione il fatto che sempre di più abbiamo bisogno di stranieri per evitare di scomparire».
«Sono davvero dispiaciuto che non si possa fare nulla», commenta anche il sindaco, Alberto Peterle. «Possibile che non si possa fare nulla per aiutare una persona che si è data da fare per crearsi un futuro, per integrarsi, che è amato dalla comunità», annota sconsolato il primo cittadino che poi aggiunge: «In questi miei anni da sindaco, ho dato la cittadinanza italiana a una trentina di stranieri, e di questi la maggior parte lavora, ha famiglia, ed è contenta di stare qui ed è riconoscente. Per il nostro territorio sono una vera risorsa, ma ora chi si è ben inserito per una norma che trovo assurda deve tornare indietro. Siamo tutti affranti in Alpago».
A parlare di regole assurde anche la segretaria della Cgil provinciale, Denise Casanova che si era mobilitata per cercare una soluzione al problema. « Queste norme non tutelano i lavoratori di cui abbiamo bisogno e che si integrano nel territorio. La legge Bossi-Fini va superata», conclude.