Una fame autoinflitta come nutrimento per la superstizione
«Il digiuno era una cosa lenta: lungo come la fame, si dice. Era una porta sprangata. Una fortezza inespugnabile. Digiunare equivaleva a lasciarsi andare, scivolare nel vuoto, e dire no, no e ancora no…». Sono queste poche frasi a rivelare il cuore dell’ultimo romanzo di Emma Donoghue, Il prodigio (traduzione di Massimo Ortelio, Neri Pozza, pp. 301, <SC82,101>17,00) giocato interamente su una delle parole chiave della grammatica identitaria d’Irlanda, che spicca per una drammatica evocatività... Читать дальше...